Rivista
Letteraria - Anno XVI n. 1/2 - 1994
di Emiliana
Petrioli Giorgi
La
questione relativa alle prime manifestazioni del sentimento religioso
rimane aperta ed insolubile, date le numerose difficoltà dettate
eminentemente dalla mancanza dei documenti scritti; ci affidiamo, infatti,
ai reperti preistorici del periodo neolitico (7000 a. C. - 2500 a. C.
circa), alle rappresentazioni artistiche del paleolitico superiore individuabili
soprattutto nelle grotte (35000 a. C. - 10000 a. C. circa) ed alle ancor
più arcaiche sepolture "musteriane" del paleolitico
medio (120000 a. C. - 35000 a. C. circa) per cogliere il significato
ed il valore del primordiale sentimento religioso.
È opinione ormai acquisita che la prima forma di "spiritualità"
finora accertata è da individuare nelle sepolture del paleolitico
medio, poiché la pratica dell'inumazione volontaria unitamente
all'uso dell'ocra rossa (simbolo del sangue, della vita, della rigenerazione)
impiegata dall'uomo primitivo per cospargere il corpo del defunto, costituiscono
un indice sicuro della credenza nell'immortalità dell'anima.
Tuttavia, non è da escludere che una primitiva forma di "religione"
(1) fosse presente già ai primordi dell'umanità. Degno
di ogni attenzione, al riguardo, è il saggio di Fiorenzo Facchini
(2), il quale ipotizza la percezione dell'esistenza di un Essere Supremo
(Dio) da parte dell'Homo habilis (2.000.000 di anni fa); quest'ultimo,
che era capace di produrre strumenti in selce eseguiti in modo sistematico
e non casuale e di organizzare lo spazio in cui viveva, avvertiva già,
a stare all'opinione dell'autore, un senso di stupore di fronte a fenomeni
naturali quali "l'imperversare di una tempesta", "la
presenza di un tramonto infuocato", etc.., stupore che induceva
con ogni probabilità l'Homo habilis ad attribuire all'azione
di un Essere Supremo (Dio) i suddetti fenomeni. Tuttavia, le opinioni
di Fiorenzo Facchini sono il frutto di intuizioni, sia pure interessanti,
ma prive di fondamento, poiché non vi sono reperti archeologici
riferibili all'epoca dell'Homo habilis che possano costituire una testimonianza
dell'esistenza del "pensiero religioso" in epoca così
arcaica.
Per il periodo che si estende dalla comparsa dell'Homo habilis (2.000.000
di anni fa) alla cultura "musteriana" del paleolitico medio
(120.000 a. C. - 35.000 a. C. circa) in cui comparvero le prime inumazioni
volontarie, vi sono testimonianze di scarso rilievo attestanti l'emergere
dell'elemento "religioso": si tratta delle pratiche di "cannibalismo
rituale" in cui assumono valenza "cultuale" il cervello,
in quanto era considerato dall'uomo primitivo "sede dell'Anima",
e il cranio in quanto costituiva un "oggetto di culto"; le
pratiche suddette erano diffuse in una vasta area dal 300.000 a. C.
al 70.000 a. C. circa.
Nel 1927, nelle grotte di Ciu-ku-tien in Cina, presso Pechino, furono
scoperti i resti del Sinanthropus pekinensis (500.000 a. C. circa) che
sembravano da ricollegare, a stare all'opinione della maggior parte
degli studiosi, ad un banchetto rituale "cannibalico". Allo
stesso modo, la scoperta di frammenti di una calotta cranica rinvenuta
a Ehringsdorf, presso Weimar e caratterizzata dalla mancanza della base
del cranio, attesta che quest'ultimo era stato aperto per l'estrazione
del cervello, fatto che testimonia una forma di "cannibalismo rituale".
La pratica suddetta era diffusa anche nell'isola di Giava, come risulta
evidente dal rinvenimento avvenuto nel 1931 a Ngandong, di resti del
Pithecanthropus erectus: i corpi erano stati decapitati dopo la morte,
seppelliti fino alla decomposizione, mentre i crani erano stati mutilati;
infatti erano privi delle parti facciali e della regione basale. Il
tipo di mutilazione induce a supporre che si tratti di un deposito di
crani mutilati a scopo religioso ed appartenenti a vittime umane dalle
quali è stato estratto il cervello per essere consumato come
pasto sacro e vitalizzante.
Un'ulteriore attestazione del "cannibalismo rituale" è
documentata dal rinvenimento a Steinheim, nel Wurttemberg, di un cranio
umano (300.000 anni fa) in cui si riscontra un esteso allargamento del
forame occipitale utilizzato per estrarre il cervello. Degna di rilievo,
al riguardo, è la scoperta della calotta cranica neanderthaliana
del Monte Circeo (70.000 a. C.) anch'essa caratterizzata dall'allargamento
del forame occipitale.
Si viene così a delineare, come già accennato, un quadro
storico-religioso caratterizzato dalla conservazione rituale del cranio,
considerato fonte di potere e quindi oggetto di culto, dal quale veniva
estratto il cervello che costituiva, a sua volta, la sede dell'anima;
chi si cibava del cervello del defunto, secondo la credenza dei primitivi,
ne acquisiva l'elemento "spirituale" e la "potenza"
(4).
I rituali di cui abbiamo fatto cenno sopra sembrano tuttavia ricollegabili
a forme di carattere "magico" piuttosto che squisitamente
"religioso".
Come abbiamo già avuto modo di rilevare, sembrano inserirsi in
un quadro più specificamente "religioso" le sepolture
(inumazioni volontarie) della cultura "musteriana" (120.000
a. C. - 35.000 a. C. circa) presenti sia in ambito orientale che occidentale,
sepolture che attestano la credenza nell'immortalità dell'anima
anche da parte dell'uomo di Neanderthal. Particolarmente brillante,
al riguardo, è il saggio di B. Vandermeersch che descrive accuratamente
le varie sepolture risalenti al paleolitico medio (5).
Converrà tuttavia prendere in esame anche alcuni concetti di
ordine "fenomenologico" per individuare in maniera abbastanza
coerente ed organica le varie forme di credenze religiose preistoriche
che, a partire dal paleolitico superiore (35.000 a. C. - 10.000 a. C.
circa) sembrano acquistare sempre più consistenza e delinearsi
con maggiore chiarezza.
+ A tale proposito, dobbiamo premettere che, per l'uomo primitivo, l'elemento
"sacrale" sembrava da individuare nella manifestazione di
una potenza per lo più identificabile in quegli elementi della
natura che presentano "conformazioni particolari", che hanno
talvolta un aspetto "maestoso", "sublime" (alberi
sacri, pietre sacre, etc..). (6)
Tuttavia, in riferimento al concetto di "sacro", pare opportuno
citare testualmente l'opinione di R. Otto (7): "la santità
è in primo luogo una categoria di interpretazione, di valutazione,
la quale come tale si riscontra soltanto nel campo religioso, mentre
in altri campi, come per esempio nell'etica, amplia il proprio ambito,
ma mai di afferma indipendentemente dalla religione: è complessa
e racchiude in sé un momento di assoluta peculiarità,
si sottrae alla sfera del razionale ed è un arreton, un ineffabile
in quanto è assolutamente inaccessibile alla comprensione concettuale".
L'autore (8) sottolinea giustamente, a nostro avviso, che agli inizi
dello sviluppo storico-religioso stanno singolari fenomeni i quali sanno
assai poco di religione nel senso moderno della parola, ma che preludono
ad essa come un "atrio", e da allora in poi non cessano di
operare profondamente in essa; essi sono: la credenza nei morti e il
loro culto, la credenza e il culto degli spiriti, la magia, la venerazione
degli oggetti naturali, il feticismo, il totemismo, il culto delle piante
e degli animali.
In tutti questi fatti, per quanto eterogenei fra loro e per quanto lontani
dalla vera religione si riscontra un comune momento, un numinoso in
virtù del quale essi possono dirsi di essere "l'atrio"
della religione.
Inoltre, anche il concetto di potenza, del diverso, del completamente
altro unitamente a quello del mysterium tremendum (9), sono alla base
di ogni forma di religione primitiva.
Tuttavia, in riferimento all'opinione espressa da R. Otto, secondo la
quale anche la magia costituisce una premessa della vera religione,
conviene sottolineare il valore "magico-religioso" assunto
dalle rappresentazioni di scene di caccia riprodotte nelle grotte del
paleolitico superiore (35.000 a. C. - 10.000 a. C: circa) per lo più
diffuse nella regione franco-cantabrica; si tratta di una forma di magia
propiziatoria per il buon esito della battuta di caccia, poiché
gli animali sono per lo più rappresentati trafitti da frecce
inferte nel loro corpo, oppure moribondi (10).
Che le suddette rappresentazioni abbiano assunto anche un valore "sacrale"
pare confermato dal fato che sono spesso riprodotte nelle zone "recondite"
delle caverne, zone di "difficile accesso", riservate agli
iniziati, quindi "misteriose"; il fatto che, talvolta, su
una medesima parte della parete rocciosa siano sovrapposte diverse raffigurazioni
evidenzia ulteriormente il carattere "sacrale" di quella zona
(con ogni probabilità quella parte della parete rocciosa aveva
una "conformazione singolare", "diversa" da tutte
le altre ed aveva così suscitato nell'uomo primitivo quel senso
di "sacralità" cui allude R. Otto).
Già in epoca così arcaica sembrano comparire i "santuari"
(11) che la maggior parte degli studiosi ritiene identificabili con
le grotte del paleolitico superiore, poiché nelle parti più
interne di esse, "misteriose", erano rappresentate scene di
carattere magico-religioso. Si tratta di circa 150 "santuari"
dell'arte franco-cantabrica.
Tuttavia, la vera religione sembra assumere tratti più nitidi
e meglio definiti nel periodo neolitico (7.000 a. C. - 2.500 a. C. circa),
quando con la scomparsa della vita seminomade e il consolidarsi degli
insediamenti stabili, acquista particolare rilievo l'agricoltura e conseguentemente
i riti ad essa connessi.
E' in questo periodo che l'uomo primitivo adora quelle forze della natura
strettamente collegate al culto agrario: in primo luogo la Tellus Mater
che appare spesso rappresentata in forma antropomorfica, in secondo
luogo il toro che costituisce il simbolo della divinità uranica,
paredro della Tellus Mater, ed infine altri elementi della natura quali
il sole, la luna, le pietre, l'albero. Se la Madre Terra era considerata
la "genitrice" di tutte le cose fin da periodi arcaicissimi,
le pietre e l'albero assunsero valenza "sacrale" soprattutto
durante il periodo neolitico.
La pietra era considerata dall'uomo primitivo simbolo dell'origine della
vita, della fertilità della terra e, grazie al suo aspetto duraturo
e perenne, simbolo dell'immortalità dell'anima; la sua valenza
"sacrale" assunse particolare rilievo nelle civiltà
"megalitiche", come è comprovato dalla presenza, in
varie parti dell'ecumene ma eminentemente nell'Europa occidentale, di
menhir, allineamenti, dolmen, cromlech, il cui significato "cultuale"
risulta innegabile (12).
Unitamente alle pietre è da menzionare l'albero (13) che assume
duplice valore "sacrale" in quanto si identifica con l'Axis
mundi che è il simbolo dell'unione fra Cielo e Terra poiché
affonda le radici nelle viscere della Tellus Mater e s'innalza con la
sua chioma nella sfera celeste; costituisce inoltre il simbolo dell'elemento
vegetale che risulta essere emblematico nel culto agrario, in quanto
garante della continuità à della vegetazione.
E' opinione ormai acquisita che l'uomo primitivo rappresentava l'albero
o la pianta oppure un singolo ramo anche nelle strutture templari megalitiche
(Malta), proprio perché i suddetti elementi erano connessi con
il culto agrario, un culto che assumeva un'importanza determinante nel
periodo neolitico durante il quale l'agricoltura costituiva la principale
fonte di sostentamento del genere umano.
La vastità e complessità dell'argomento in questione richiederebbe
un'esposizione più vasta e dettagliata; tuttavia anche la nostra,
sia pur sommaria, esposizione ha tentato di delineare l'evoluzione del
pensiero religioso dai primordi dell'umanità al periodo neolitico,
un pensiero che si manifesta inizialmente in maniera piuttosto confusa
in quanto legata alle intuizioni degli studiosi, data l a mancanza della
documentazione scritta e di quella archeologica, ma che assume tratti
sempre più definiti come è dimostrato dal rinvenimento
dei reperti di età preistorica; comunque, la certezza dell'esistenza
di una "divinità" risale soltanto al periodo neolitico,
quando sono rappresentate le Dee Madri o Dee della fertilità
(14) poiché in esse sono particolarmente evidenziate quelle parti
del corpo connesse con la fecondità.
Ma le incertezze relative alle prime manifestazioni del sentimento religioso
sono destinate a rimanere tali benché le nuove scoperte archeologiche
costituiscano sempre un valido indizio di ulteriori conoscenze.
La religione si può definire come il riconoscimento, da parte
dell'uomo, di un ordine sacro al di sopra del mondo e lo sforzo per
stabilire benefiche relazioni con quest'ordine: il riconoscimento di
un ordine che si manifesta nell'universo e ne controlla i processi e
le vicende umane.
L'uomo, grazie alla propria fede e all'esecuzione di pratiche magiche
e religiose quali danze di fertilità, riti, etc.. è stato
in grado di affrontare le crisi della propria esistenza. I reperti archeologici,
la cui lettura ci ha indotti ad avanzare ipotesi in merito, si sono
mostrati preziosi.
1)
Pare lecito, al riguardo, esaminare la quaestio relativa al termine
religio, una quaestio tuttora aperta e controversa benché i filologi
siano piuttosto inclini ad accettare la tesi proposta da Cicerone che
quella di S. Agostino.
Cicerone nel De natura deorum, II, 28, 72: qui autem omnia quae ad cultum
deorum pertinerent diligenter retractarent et tamquam relegerent sunt
dicti religiosi ex relegendo..., allude alla religio a relegendo e conseguentemente
al significato di "diligenza", "attenzione", "senso
della forma", proprio della religione; nel de vera religione LV,
11: ad unum Deum tendentes et Ei uni religantes animas nostras unde
religio dicta creditur, S. Agostino ne evidenzia il significato di "legame",
"vincolo spirituale".
Degno di particolare rilievo, nell'ambito dell'indagine filologica,
risulta essere il contributo di G. Lieberg, Considerazioni sull'etimologia
e sul significato di Religio, "Rivista di filologia e di istruzione
classica", Torino, Loesher, vol. 102 (1974), I p. 39: religio deriva
da relegere o, più esattamente, da religere. Religere poi è
da ritenere la forma più antica rispetto a relegere, in quanto
religere mostra la metafonia da e in i, provocata dall'accento iniziale
d'intensità prestorico o preletterario ... Far derivare invece
religio da religare è in contrasto con le leggi fonetiche, perché
tale derivazione dovrebbe risultare nella forma religatio e non religio.
Religatio è attestato come derivato di religare. Infatti Cicerone
(Sen. 53) ha l'espressione religatio vitium per indicare la legatura
della vite al suo sostegno. L'etimologia religio da religere è
raccomandata anche dal fatto che solitamente i sostantivi astratti in
-io provengono da verbi della terza coniugazione".
Dal punto di vista filologico, il termine religio implica quindi il
concetto di "diligenza"; vorremmo precisare che, a nostro
avviso, sia nel significato di religio=diligenza, rispetto verso la
divinità, sia nel significato di religio=vincolo spirituale,
è implicito il rapporto con Dio, rapporto che costituisce il
fondamento di ogni religione.
2) F. Facchini - Cercatori di infinito: da quando?
- in F. Facchini, M. Gimbutas, J. K. Kozolowski, b. Vandermeersch -
La religiosità nella preistoria - Milano, ed. it. Jaca Book,
1991, pp. 11-19.
3) Al riguardo si veda E. Petrioli Giorgi - I
segni del sacro presso i primitivi (rivisitando Alberto C. Blanc), "Religioni
e Società " 9 (1990) , pp. 95-106.
4) Per ulteriori delucidazioni al riguardo si
veda: E: Petrioli Giorgi -I segni del sacro presso i primitivi (rivisitando
Alberto C. Blanc) - ed. cit. pp. 99-101.
5) B. Vandermeersch - Le più antiche sepolture
- in F. Facchini, M. Gimbutas, J.K. Kozlowski, B. Vandermeersch - op.
cit. - pp. 23-53.
6) M. Eliade - Il sacro e il profano -Torino,
ed. it. Boringhieri 1976, pp. 14-15.
7) R. Otto - Il sacro -Milano, ed. it. Feltrinelli,
1966, p. 17.
8) Idem, pp. 117 sgg.
9) R. Otto, op. cit. pp. 22 sgg.: Il sacro, a
stare all'opinione di R. Otto, è il numinoso, ma il numinoso
non è spiegabile; un momento del numinoso è il mysterium
tremendum. Dal punto di vista concettuale mysterium non indica altro
che il nascosto, il non manifesto, ciò che è non è
intuito, lo straordinario, senza specificazione qualitativa. E' però
così significato qualche cosa di intensamente positivo. Alla
qualità positiva della cosa accenna l'aggettivo tremendum. Tremor,
di per sé, indica semplicemente la paura; un sentimento naturale,
ben noto.
Ma qui vale come indicazione di una reazione sentimentale di un tipo
ben determinato che è in realtà tutt'altra cosa dall'atteggiamento
dello spavento. Il termine tremendum è utilizzato in diverse
lingue per indicare il sentimento di sacralità (cfr. Giobbe,
IX, 34; XIII, 21).
Terrificante ed orrore valgono per noi, anche senza nuova aggiunta di
specificativi, qualcosa di sacro.
10) A. Laming-Emperaire - La signification de
l'art rupestre paléolithique - Paris, J. Picard, 1962, pp. 239-287.
11) Idem, pp. 239 sgg.
12) E. Petrioli, -Aspetti del sacro nelle civiltà
megalitiche occidentali- in M. Adriani, C. Mazzini, E. Petrioli -Ambivalenza
del sacro- Firenze, Cultura nuova editrice, 1989, pp. 43-64.
13) Cfr. M. Eliade - Il sacro e il profano - ed.
cit., p. 29; G.Van der Leew -Fenomenologia della religione- Torino,
ed. it. Boringhieri, 1983, pp. 32-38.
14) M. Gimbutas - Il linguaggio della dea - Milano,
ed. it. Longanesi, 1991. - E. Neumann - La grande madre - Milano, Astrolabio,
1981. - G. Stacul - La grande madre - Roma, De Luca, 1983.
Indicazioni bibliografiche:
W. Burkert - Homo Necans - Torino, ed. it Boringhieri,
1981.
M. Eliade - Il sacro e il profano - Torino, ed. it. Boringhieri, 1976.
F. Facchini, M. Gimbutas, J. K. Kozolowski, B. Vandermeersch - La religiosità
nella preistoria, Milano, ed. it. Jaca Book, 1991.
G. van der Leeuw - Fenomenologia della religione - Torino, ed. it. Boringhieri,
1975.
A. Leroi-Gourhan - Le religioni della preistoria - Milano, ed. it. Rizzoli,
1970.
J. Maringer - Le religioni dell'età della pietra in Europa -
Torino, ed. it. SEI, 1960.
E. Petrioli Giorgi - I segni del sacro presso i primitivi (rivisitando
Alberto C. Blanc) "Religioni e Società", 9, 1990 pp.
95-106.
R. Otto - Il sacro - Milano, ed. it. Feltrinelli, 1966.
J. Ries - Il sacro nella storia religiosa dell'umanità - Milano,
ed. it. Jaca Book, 1982.
M. Venturi Ferriolo - Nel grembo della vita - Milano, Guerini, 1989
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