Rivista
Letteraria - Anno II n. 1 febbraio/maggio 1980
AUDEN
NEL RICORDO DI MARIA
Fatti
inediti sugli anni passati ad Ischia dal poeta e scrittore anglo-americano
di
Giuseppe Amalfitano
A chi vi giunge in auto da Ischia, Forio appare disteso
fra monte e mare nella sua secolare pace.
Nell'amena cittadina isolana vi è il
più caratteristico ritrovo culturale degli anni cinquanta:
il Bar «Internazionale» di Maria Senese.
È l'unico segno tangibile dell'isola d'Ischia
di una volta, ove la pace era regina e gli uomini di cultura di
tutto il mondo la sceglievano per trovare proprio nella quiete
di questo luogo lo spunto alle proprie opere.
Avevo intenzione di scrivere qualcosa su Auden e,
da qualche parte, avevo sentito dire che il poeta inglese era
stato ad Ischia negli anni cinquanta. Subito mi misi in moto per
saperne di più e un mio vecchio amico mi indirizzò
a Forio, da Maria.
In un fresco pomeriggio di agosto ho incontrato questa
donna dai caratteristici capelli alla «be-be» che,
subito, ha accettato la conversazione.
«Signora Maria - ho esordito - mi hanno detto che
lei ha conosciuto il poeta inglese Auden, è vero?».
La sua risposta è ferma e decisa: «Sì
che l'ho conosciuto e mi ha dedicato pure una poesia».
Voglio chiarire, per un mio lavoro futuro, alcuni
punti della poesia Good-bye to the Mezzogiorno (pubblicata
a Milano nel 1958 a cura di Carlo Izzo che ne ha curato la versione
italiana) che il poeta scrisse proprio nel 1958 alla sua partenza
dall'isola; ma la signora mi parla d'altro, di Truman Capote che
l'ha immortalata nel suo romanzo Local Colour (edito in
Italia da Garzanti col titolo Colore Locale), del grande
attore Zachary Scott, del pittore Eduard Bargheer e di altri scrittori,
poeti, pittori nonché di attori che negli anni cinquanta
gremivano i tavoli del suo bar.
Blocco la sua esuberanza tipica dei napoletani come
me e le chiedo di parlarmi solo di Auden; Maria, come una bambina
buona, comincia a parlarmi di lui, di «signor Odén»
come lo chiama lei.
«Signor Auden venne a Forio nel 1953 - esordisce
Maria -; si usciva da una guerra che lui aveva vissuto intensamente
ed essendo in cerca di pace, alcuni suoi amici gli avevano indicato
Forio; ci venne insieme a Chester Kallmann, un musicista suo inseparabile
amico.
In casa - continua la signora - non ci stava quasi
mai anche perché il proprietario, il signor Monte (citato
anche nella poesia Good-bye to the Mezzogiorno, n.d.r.)
non lo vedeva di buon occhio a causa delle sue tendenze poco ortodosse
che lo portavano a ricevere in casa giovani disposti solo a cavargli
soldi».
A questo punto la interrompo: «Maria, che sa
del matrimonio del poeta, avvenuto nel 1938, con Erika Mann, figlia
del grande Thomas Mann?».
E lei prontamente ribatte: «No, non è
vero; signor Auden non mi ha mai detto di essere sposato e ciò
che lei mi dice credo non sia vero».
In effetti questa sua risposta dimostra quanto sia
vero il fatto che il poeta avesse sposato Erika solo per permetterle
di ottenere la cittadinanza americana e addirittura lo avesse
fatto per procura senza mai averla conosciuta; ma faccio ugualmente
presente a Maria che questo non lo dico io
bensì i testi di storia della letteratura e lei, chissà
perché, insiste mentre a me pare opportuno far scivolare
il discorso su un altro argomento.
«Al suo bar - le chiedo - come passava le giornate
il poeta?».
«Amava profondamente il buon vino d'Ischia -
mi risponde Maria - e stava ore ed ore seduto a quel tavolo lì
(e me lo indica sulla destra della porta di ingresso) a gustare,
sorso a sorso, un litro del nostro vino insieme ai suoi inseparabili
amici; ma voglio raccontarle un fatto interessante - prosegue
la signora -; un giorno, mentre erano tutti seduti al solito tavolo,
io stavo per attaccare al tetto del bar la famosa «incartata»
(si tratta di una specie di carta da parati di oggi; era poco
costosa, allora, e serviva ad abbellire le case costruite in stile
antisismico, n.d.r.) ebbene - racconta commossa la signora Maria
- signor Auden chiamò a raccolta tutti gli altri, da Kallmann
a Capote, ed insieme decisero di incartare il tetto del bar con
copertine di giornali dell'epoca; vedesse come erano felici. Alla
fine un buon bicchiere di vino e tutti a casa a riposare».
Maria, mentre racconta, è commossa; il ricordo
di un tempo lontano e felice non può non toccare il cuore
di chiunque.
S'è fatto tardi ma voglio fare ancora una domanda.
«Maria, - le chiedo - ho sentito dire da qualche
- parte che W. H. Auden era estremamente religioso; cosa mi può
dire in proposito?».
«È vero - risponde muovendo la testa
- e voglio raccontarle un fatto. In giugno qui a Forio, ogni sabato,
si fanno delle processioni bellissime con banda, chierici e tanti
fedeli; si porta in processione Gesù Sacramentato. Ebbene
ogni sabato, al passaggio della processione davanti al mio bar,
Auden cadeva come in estasi, si inginocchiava, teneva le mani
giunte e, quel che più mi toccava il cuore, alla vista
del Santissimo, piangeva come un bambino. Era veramente un brav'uomo;
peccato - prosegue - che nel '58 ci abbia lasciato come del resto
ci lasciarono tutti gli altri perché, sinceramente, non
lo vedo oggi un Auden che scrive poesie al mio tavolo quando,
a pochi passi da qui, gruppi di giovinastri schiamazzano per la
strada e poi moto di grossa cilindrata fanno saltare i timpani
anche ai Santi».
Finisce qui la chiacchierata con Maria, l'amica di
Auden, l'ispiratrice del personaggio principale (Babà
la Turca) dell'opera lirica La carriera di un libertino,
scritta da Auden per la musica di un altro grande, Stravinsky.
Cosa dire in conclusione? Forse quest'incontro con Maria Senese
è servito a colmare una lacuna nel quadro generale di W.
H. Auden (morto a Vienna il 29 settembre 1973) per aver riesumato
fatti inediti dei suoi anni passati ad Ischia, nell'oasi di Forio,
all'ombra del pergolato del Bar di Maria, o meglio di quella «Babà
la Turca» che ricorderà sempre il suo grande amico
«signor Odén».
(Intervista apparsa la prima volta nel giugno
1976 sul periodico Ischia Mondo)
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